Passeggiata per il Centro Storico
Itinerari e curiosità
PASSEGGIATA PER IL CENTRO STORICO:
Il centro storico di Bernalda, rappresenta una delle attrattive più particolari e rappresentative del paese. Ricco di storia e di tradizione, passeggiando tra i vicoletti del centro storico, ci si riappropria di tutto ciò che è stato e che mai verrà dimenticato. Partendo da Piazza San Rocco si può visitare la Chiesa al Santo dedicata, e proseguendo tra i vicoli, quasi annessa alla Chiesa di San Rocco, si trova la Chiesa di San Gaetano. Bellissimo l'orologio antico annesso al campanile della chiesa di Santa Maria delle grazie che si intravede passeggiando per i vicoletti e suggestiva è la Cappella Fischietti, deliziosa nella sua semplicità.Un centro storico ricco di Chiese, quello di Bernalda dove troneggia la Chiesa della Madonna del Carmine per poi giungere in piazza San Bernardino dove oltre alla Chiesa Madre è possibile ammirare il Castello del Duca De Bernauda.
CHIESA MADRE
Di stile essenziale, semplice e lineare, la Chiesa Madre, dedicata al Santo Patrono di Bernarda, San Bernardino è stata certamente costruita nel 1530 per volontà Duca de Bernauda.
Una dato confermato nell'antico documento del 1544 che descrive la visita pastorale compiuta dall'Arcivescovo Giovanni Michele Saraceno, il 12 maggio dello stesso anno.
La Chiesa si componeva allora di tre altari e di tre cappelle: l’altare maggiore dedicato a San Bernardino, l'altare e la Cappella di Santa Maria Maddalena, l'altare e la cappella dell'Annunziata e l'altare e la cappella di san Giovanni battista e del Battistero.
Da qui si evince che originariamente la Chiesa fosse stata costruita con una sola navata, quella centrale e che le navate laterali, fossero state costruite dopo il 1544.
Infatti, la navata di destra è stata ricavata dalla ex sacrestia, in un successivo momento, mentre quella sinistra fu ricavata alla fine del XVIII secolo. Si deve aspettare il 1726 per avere un nuovo documento che parli della Chiesa. L'inventario dell' 8 novembre 1726 voluto dal vescovo di Matera Monsignore Giuseppe maria Positano, descrive la posizione esatta della Chiesa che allora si trovava difronte il palazzo dell'Eccellentissimo Domino Francesco Navarrete, Duca di Bernalda.
L'inventario del 1726 ci permette dunque di sapere che l’edificio si componeva di un campanile con due campane, sette cappelle e otto altari e un reliquiario con la veste di S. Bernardino, una reliquia di san Donato, ossa di San Faustino Martire e il cranio di san Vito.
Inoltre la Chiesa aveva due cimiteri, uno, riservato ai sacerdoti, corrispondente all'attuale spazio occupato dall'altare di san Bernardino, l'altro, forse sotto il battistero, riservato ai bambini battezzati deceduti entro il settimo anno di vita. Nel XIX sec. la Chiesa fu nuovamente ampliata e modificata facendo perdere all’edificio una struttura unitaria.
In questo modo appare tutt’oggi, anche se negli anni 30 del ‘900 ha subito un restauro in cui si è cercato di recuperare gli elementi originali e lo stile semplice dell’epoca di costruzione.
CHIESA DELL'IMMACOLATA CONCENZIONE (Cappella Fischietti)
E' la lapide che si trova sulla facciata al di sopra della porta che ci attesta la data esatta della costruzione della Chiesetta, voluta dalla Famiglia Fischietti nel 1732 e dedicata all'Immacolata Concezione.
Composta da un solo altare e un confessionale spicca al suo interno, il quadro posto sopra l'altare del Pittore Cosimo Sampietro.
Pochi i documenti che descrivono e parlano della Chiesetta dell'Immacolata Concezione, tra questi alcuni raccontano che nel 1740 i canonici materani Festa e De Robertis, procedettero alla visita della cappella, per ordine dell'allora Monsignor Lanfranchi e trovarono la cappella in ottime condizioni.
CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE
La costruzione della cappella "de Sancta Maria la Grazia" risale alla seconda metà del 1500, venne fatta erigere da Polito di Santo Joannes per usarla anche come luogo della sua sepoltura.
Fino al 1600 la sua struttura si presentava priva del tetto, delle porte e dell'altare. Successivamente, sempre agli inizi del XVII secolo in una visita pastorale, l' Arcivescovo Giovan Battista Spinola la trovava, dice in una nota, "idonea alla celebrazione" e la descrive come segue: dotata di un altare e di una statua in marmo raffigurante la Gloriosa Vergine col Bambino nelle braccia.
Sempre in questa nota l'Arcivescovo specificava l'esatta ubicazione " vicino ai carceri criminali, con il frontespizio che guarda ad occidente".
Nelle sue vicinanze venne eretto anche un cimitero destinato ai bambini morti senza aver ricevuto il battesimo.
Piccola e povera senza né cespiti né immobili annessi, fra la seconda metà del 700 e gli inizi del 800 fu adibita a vari usi da cantina a caserma della Guardia dei Militi Nazionali.
In questo periodo dunque cesso' di essere luogo di culto, e la statua della "Gloriosa Vergine col Bambino nelle braccia" venne trasferita nella chiesa di San Gaetano dove venne murata durante alcuni lavori di restauro.
CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE
Costruita intorno alla prima metà del XVI secolo, la chiesa dedicata alla Madonna del Carmine era di dimensioni notevolmente ridotte rispetto alle attuali.
Il suo stile richiama il periodo della controriforma, classico con dettagli dell' epoca barocca.
Era formata da un solo altare sul quale padroneggiava un dipinto con l'immagina della Santa Vergine del Carmelo, un campanile e una sola campana.
La chiesa subì un primo restauro di ampliamento che fu causa della distruzione dell'affresco del vergine del Carmelo.
Un documento del 1726 spiega inoltre che nella Chiesa della Madonna del Carmine erano seppelliti i cadaveri che secondo disposizioni del Vescovo dovevano essere trasportati in chiesa sei ore dopo la morte e seppelliti 12 ore dal decesso. Fa capo a questa chiesa la confraternita "Presentazione di Maria Vergine" fondata con il beneplacito di Monsignor Positani e di Padre Domenico Bruni, gesuita nel 1724 e formata nel 1726 da 145 confratelli.
Un nuovo restauro attende la Chiesa nella seconda metà dell' 800 che per volere del' allora cantore Don Domenico Dell'Osso, si arricchisce della cripta dell’altare maggiore, di altri 4 altari e del campanile slanciato a due piani, nella forma in cui si vede ancora oggi.
CHIESA DI SAN ROCCO
La sua costruzione risale al 1540 ed aveva dimensioni minori rispetto alle attuali.
Costruita fuori le mura, la sua struttura prevedeva una sola navata, con un solo altare dedicato a San Rocco, e un solo campanile monocampana, ed era affidata alle cure del Capitolo parrocchiale.
Nell'interno della chiesetta, di stile classicheggiante si denotano alcuni inserti barocchi come per esempio l'altare, che rappresenta un chiaro esempio dello stile.
Fu nel 1716 con gli introiti provenienti dal patrimonio della cappella del Monte di Pietà che la chiesa fu ampliata con la costruzione di altri due altari dedicati a San Sebastiano raffigurato in un quadro in tela, a San Filippo Neri costruito in onore degli eredi di Berardino De Biaso.
La chiesa fu ampliata nuovamente nel 1796 per volontà della Famiglia Annese che la forniva anche della statua di san rocco e di un legato e nei secoli succesivi fino ad arrivare al 1930, quando fu restaurata ad opera del sacerdote Leonardo Parente.
Attualmente è presente un unico altare, di stile barocco, dove è conservata la statua di San Rocco.
CHIESA DI SAN GAETANO
Costruita nel XVII secolo per volontà e devozione dei fedeli, la Chiesa fu inizialmente dedicata alla Santa Croce che padroneggiava sull’altare ai cui piedi vi erano una statua di Maria Vergine e una tela raffigurante la Passione di cristo.
Lo stile, nonostante sia stata costruita più tardi, richiama quello classicheggiante, si componeva in oltre di un secondo altare, dedicato a San
Gaetano, la cui effige era dipinta su di un telo.
La chiesa è sovrastata da una piccola torre campanaria ad una sola campana, alla quale si poteva accedere da due porte laterali.
Nei secoli successivi la Chiesa vive un periodo di crisi e solo verso la fine del XVIII sec.
Fu completamente risistemata da Francesco Sisto che provvedette a rimetterla a nuovo dotando l'altare di San Gaetano della Statua del Santo che sostituì la tela.
Palazzo D'Ammicco
Intorno a palazzo D'Ammicco ruota una leggenda. Questa leggenda narra di una famiglia ricca che abitava in un grande palazzo del centro storico.
Nel palazzo ci vivevano altre famiglie,al piano terra c’era un grande atrio dove i bambini potevano giocare e dove gli abitanti dello stesso palazzo, per lo più contadini, vendevano ciò che coltivavano nelle loro campagne.
Il proprietario non faceva pagare il fitto ma in cambio voleva che gli inquilini dell’edificio si occupassero dei suoi terreni.
Prima di morire nascose tutto il suo oro in un posto segreto del palazzo. Si racconta che, per avere questo tesoro, nel quale c’era anche una chioccia d’ora a dimensione naturale con tredici pulcini, si dovesse uccidere un bimbo non ancora battezzato e sacrificarlo. Ancora oggi nessuno è riuscito a trovare questo tesoro.
Questo palazzo, tutt’ora abitato, è chiamato Palazz Ammicc perché la sua padrona portava il nome di Lalla Micca*.
Si dice che le famiglie di questo palazzo avessero più figli femmine che maschi, infatti si diceva: palazz ammic femmn assje uommn picc. La signora ,la padrone del palazzo, aveva tre figli, una femmina e due maschi.
Essendo una persona benestante, tutti i giorni si recavano a palazzo alcune serve per pettinarla e aiutarla nelle faccende di casa.
Un giorno una zingara che si era accampata nella valle del fiume Basento ai piedi del paese, passò da quelle parti e sapendo che lì era nascosto un tesoro, tentò di intrufolarsi. Entrata con la scusa di pettinare i capelli alla signora entrò nel palazzo vide la bella figlia della padrona. La rapì e la portò con sé fino a farle dimenticare la sua famiglia. La padrona del palazzo attese per anni, invano, il ritorno della figlia.
Un giorno gli zingari tornarono ad accamparsi nella valle del Basento, proprio nei pressi di Bernalda.
La fanciulla rapita era ormai diventata donna e mentre camminava udì il suono delle campane della chiesa Madre.
La ragazza incominciò a chiedere insistentemente per chi quelle campane suonassero a lutto.
Doveva essere per forza una persona importante e gli zingari che avevano già saputo della morte della signora del palazzo Ammic le dissero la verità.
Spinta e guidata dal sentimento, decise di recarsi in paese a far visita alla madre ormai morta. Gli zingari le diedero il permesso di andare in paese a patto che giurasse di ritornare, lei accettò e la accompagnarono fin sotto le mura del paese. Chiese ad una donna che cosa fosse successo e questa le raccontò ciò che era accaduto tanti anni prima e che talmente forte era stato il dolore di questa mamma che si era ammalata fino a morire.
La fanciulla afflitta e addolorata, si recò al palazzo paterno dove viveva la sua famiglia per salutare un’ultima volta la salma della madre. Nessuno la riconobbe. Si chinò verso la bara di sua madre e pronunciò queste parole: "Signura mia signura, tu jer a pampn e ii jer l’uv, dnar n’ tniev senz misur ma nun ma saput ammuntuà la mia vntur" (signora , mia signora tu eri il tralcio e io ero l’uva , di denaro ne avevi senza misura, ma non hai saputo indovinare la mia ventura).
Udite queste parole, i fratelli capirono che si trattava della sorella rapita anni addietro e la supplicarono di restare a palazzo, ma ella, memore della promessa fatta agli zingari,volle andar via.
Un fratello la rincorse ma non riuscii a raggiungerla, si affacciò dalla finestra che dava nella valle, accecato dalla rabbia, le sparò dei colpi di fucile e la uccise, togliendola così agli zingari che l’avevano rapita.
Oggi a palazzo Ammicche c’è una finestra murata che si affaccia sulla valle e la leggenda dice che lo spirito della signora è fuori da questa finestra che aspetta ancora la figlia.
Dove la fanciulla fu uccisa è tutt’ora denminato "U cuozz d l zingr".
* Palazzo Ammicc deriverebbe dal nome della famiglia proprietaria, i Lambicco o i D’amico.
fonte http://tracieloemandarini.blogspot.com
Il castello
In posizione dominante sulla valle del Basento, sorse in età Normanna, il nucleo primigenio del Castello di Camarda. La costruzione dovette essere avviata dal signore locale, Riccardo di Camarda, che aveva ottenuto in feudo le terre circostanti. Poco o nulla si sa delle epoche seguenti. Non è da escludere che il fortilizio di Bernalda sia stato regolarmente frequentato, abitato e restaurato dopo i frequenti terremoti che imperversarono nella zona. Quello del 1466 dovette probabilmente avere una portata immane, visto che di lì a qualche anno, nel 1470, il castello di Camarda venne quasi completamente rifatto. La nuova fortezza fu eretta da Bernardino de Bernardo, eminente uomo di corte, segretario di re Alfonso II, di Ferdinando e Federico d’Aragona. Nella sua conformazione attuale, l’edificio castellare presenta una pianta quadrangolare con torri angolari, d’impronta tardo-quattrocentesca, sebbene possa essere considerato come il frutto di diverse stratificazioni architettoniche. L’osservazione di uno dei torrioni cilindrici, che è dotato di un’alta base tronco-conica, potrebbe far ipotizzare un intervanto edilizio in età angioina. I continui restauri devono aver ristretto l’ampiezza dell’intera struttura, che al momento della ricostruzione poteva configurarsi con almeno altre quattro torri. Quelle residue sono comunque costituite da un piano interrato, usato per lo più come deposito, cui segue un pian terreno e due piani superiori aperti sul cortile, fatta eccezione per il torrione del vertice meridionale.